Intervista a una mamma del rugby


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corsometa.wordpress.com 

Allora, come è cominciata?
Con il “passaparola”, è come con una famosa (ed esclusiva) marca di computer, se parli con chi lo utilizza, non ce n’è uno che ne parla male. Il figlio di una nostra amica ha provato, poi ha detto al mio “grande” (che allora aveva 7 anni) vieni a provare e così abbiamo iniziato, lui deve aver capito che era la cosa che più desiderava anche mio marito ed ha avuto il coraggio di buttarsi. Poi una volta entrato non ne è più uscito. Ora ne ho due uno in under 14 e uno in under 10.
Perché dici “era la cosa che mio marito desiderava di più”?
Desideravamo che facessero sport, un qualsiasi sport, non per gloria personale, ma per avere un’occasione di divertimento e di crescita con dei coetanei, e sapevamo (sempre il “passaparola”) che nel rugby avremmo trovato un ambiente meno esasperato e più tranquillo.  Poi lui è sempre stato  un grande appassionato di questo sport. Ma questa è una cosa comune a tanti, parlando con i genitori (con quelli non “ex-giocatori”) spesso mi sento dire “non ci capisco molto, ma mi è sempre piaciuto, sono proprio contento che mio figlio sia venuto a rugby”.
Ma non hai paura che si facciano male?
Sarei una bugiarda se dicessi di no, tra l’altro i miei figli non mi aiutano perché ogni tanto, specialmente il più grande, tornano e mi dicono “mamma, per fortuna oggi non c’eri perché ho avuto uno scontro con un “bisonte” per cui ti saresti sicuramente spaventata, e invece non era niente di grave…” E lo dicono quasi con orgoglio, quei bricconcelli. Però se devo dire la verità, c’è molta attenzione su questo da parte di tutti. Poi mio marito mi ha spiegato tutta una teoria per la quale essendo sì uno sport di contatto, ma il contatto è regolamentato, per cui il pericolo è limitato. Ho fatto finta di aver capito perché la smettesse, ma non ci ho capito molto, e poi credo lo dicesse solo per tranquillizzarmi. Devo dire, però, che in effetti il rugby nel Propaganda (fino al’under 12 ndr) è uno sport molti diverso da quello che si vede in televisione e mi preoccupa molto meno, infine i miei figli tutti gli infortuni o i lividi più gravi se li sono fatti al campo giochi, non giocando a rugby.
Prima parlavi delle aspettative di un ambiente più tranquillo, sei soddisfatta di questo aspetto, dopo tanti anni?
Direi proprio di sì, ma anche questo è un aspetto su cui non si fanno tanti discorsi, è una cosa che passa naturalmente, trasmessa da uno all’altro così, semplicemente. La società all’inizio dell’anno ci presenta una specie di decalogo sul corretto comportamento dei genitori, dei dirigenti e dei giocatori in campo, e diciamo le due cose più importanti sono (parlo per i genitori) “incitare la squadra e non il singolo” e “non criticare l’arbitro”. Ecco, questa dell’arbitro (nel Propaganda sono quasi sempre gli allenatori delle altre squadre che si incrociano e fungono a loro volta da arbitri) è la cosa che più mi ha stupito, c’è un grande rispetto, ogni tanto anche qualcuno dei nostri sbotta e dice qualcosa, ma poi immancabilmente la prima cosa che fa finita la partita è andare a scusarsi con l’arbitro. In ogni caso se un genitore alza la voce a sproposito, sono per primi gli altri genitori e i dirigenti a dirgli di avere rispetto e stare zitto. Mio marito mi ha fatto vedere un video su “youtube” dove in una partita l’arbitro ha interrotto il gioco per andare da un giocatore del Benetton Treviso (era Tobias Botes ndr)  cha stava platealmente cercando di attirare l’attenzione dell’arbitro su un fallo degli avversari per dirgli “tu fai il tuo lavoro che io faccio il mio, se tu fai bene il tuo lavoro io faccio bene il mio”, terminando con un emblematico “this is rugby, not soccer”. Ma questo accade dappertutto, 3 anni fa eravamo andati a fare un torneo in Francia, e parlando con un genitore francese, mi diceva che da loro se un genitore durante una partita dice anche solo “passa la palla” l’allenatore si volta dicendogli “questo è il mio lavoro, non il tuo”…
E tu, riesci davvero ad essere così brava?
E’ evidente che questa è l’idealità, ogni tanto qualcosa scappa, ma se hai questa base di partenza potrai sbagliare, ma rientrerai presto nei ranghi. In ogni caso, per quanto mi riguarda, mai contro l’arbitro, per un semplice motivo: il gioco, anche se mio marito dice che non è vero, è estremamente complicato e io non capendo le regole, non riesco neppure a capire se l’arbitro sta sbagliando. Ogni tanto vedo i miei figli che escono dal campo arrabbiati per l’arbitraggio, ma posso solo consolarli, proprio non saprei dire il perché.
Le prime volte sentivo sempre l’incitamento dell’allenatore “vai a pulire” e mi stupivo di tutta questa voglia di pulizia, ma ho capito ben presto che si riferiva solo ad una fase di gioco. (Non chiedetemi cosa voglia dire, so solo che è una cosa “che devono fare i giocatori quando sono tutti ammassati”).
Dalla tua ultima frase ho colto un accenno allo sporco, cosa ci puoi dire in proposito?
Il fango! Se mai scrivessi un libro sul rugby dovrei iniziarlo con un capitolo solo su questo grande nemico. Una volta ho visto la maglietta di una mamma ad un torneo con la scritta “io non mi intendo di rugby ma la mia lavatrice se ne intende benissimo”. E’ la mia esatta descrizione. Ormai al ritorno dagli allenamenti la mia domanda classica è “mi avete portato a casa molto fango?” e la risposta è un coro di “no!”, per poi scoprire che alla fine dell’allenamento hanno fatto la gara a chi faceva il più bel tuffo nella pozzanghera più grande del campo…..  Loro sono felici ma se anche non venissero certe idee…..
Siamo arrivati agli allenatori, cosa ne pensi di loro e della società?
Sono fantastici, ci mettono tanto impegno e non è facile gestire le nostre piccole pesti, vi assicuro, ma la cosa più importante è il quadro di fondo: si capisce e si può toccare con mano il desiderio di far crescere tutti i ragazzi che hanno in mano. L’obiettivo non è mai di vincere la partita, ma di far sentire a tutti i ragazzi la fiducia dell’allenatore e cercare di portare quanti più ragazzi possibili alle giovanili. Poi ci sarà quello più bravo e meno bravo, ma nessuno è lasciato indietro e alla fine dell’anno tutti sono contenti perché si rendono conto di avere migliorato in qualcosa. Poi se le vittorie arrivano tanto meglio (proprio a novembre l’under 10 ha vinto un torneo regionale ed erano molto “gasati”), ma non è questo il punto. Della società ho già parlato, si cerca di organizzare tante occasioni di incontro in modo di conoscersi di più, e l’attenzione è sempre quella di cercare di trasmettere in queste occasioni i famosi “valori” del rugby.
Hai parlato di valori, ma ci sono davvero dei valori specifici o è solo una leggenda?
I valori ci sono, come ci sono in tutti gli sport, poi ognuno ha delle specifiche attenzioni, ma in realtà i valori non si possono insegnare, si possono solo vivere e trasmettere. I ragazzi hanno delle antenne sensibilissime, se non sei sincero, non ti seguiranno mai. Poi nel rugby forse siamo un po’ più fortunati perché le modalità stesse di gioco ti obbligano a vivere e capire certi valori. Se ti trovi davanti una massa di avversari che ti sommergono di placcaggi, capisci ben presto che da solo non puoi vincere e hai bisogno dei compagni. E poi sono convinta che vivere certe esperienze nel fango te le faccia ricordare meglio…… Certo che vedere (a tutti i livelli, dalla serie A dei Lyons alle partite del 6Nazioni) che alla fine gli avversari si applaudono con grande rispetto non può che essere un esempio positivo per i nostri ragazzi.
Ormai siamo alla fine della nostra intervista, un’ultima domanda, cosa speri per il futuro nel rugby dei tuoi figli?
Forse se stessi parlando di qualsiasi altro sport direi “arrivare in nazionale” oppure diventare come questo o quest’altro giocatore. Ma qui stiamo parlando di uno sport dove i giocatori uomini crescono un po’ troppo, per cui il mio augurio è che si divertano il più possibile ma che NON diventino come Martin Castrogiovanni: son sempre i miei bambini e io sono sempre una mamma italiana, devono rimanere i “miei piccolini”.
Sandro Spezia – Dirigente Under 10
Da “RugbyLyons.it” Magazine della Banca Farnese Rugby Lyons – Febbraio 2013

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