"Franco come il rugby", passioni ed emozioni della palla ovale

Franco Ascantini, ex pilone, grande tecnico e cocciuto innovatore. La sua storia, la sua missione (insegnare l'arte del rugby a partire dai bambini), nelle pagine nate da un dialogo con Antonio Falda. Con una dedica speciale, a Giuseppe D'Avanzo
di MASSIMO CALANDRI

ROMA - "Noi appassionati del rugby siamo persuasi che questo gioco possa migliorare l'Italia". In un formidabile articolo alla vigilia dei Mondiali 2007, Giuseppe D'Avanzo celebrava i valori di uno sport che negli ultimi anni ha fatto passi da gigante sul piano dei risultati sportivi e del seguito popolare, e chissà che un giorno quell'augurio possa avverarsi. D'Avanzo era stato un giovane campione ma non lo diceva in giro, anzi. Quelli bravi di solito fanno così. Soprattutto i piloni.

Anche Franco Ascantini è stato un pilone. Ed un grande allenatore, un cocciuto innovatore che ha scritto la storia ovale da Napoli a San Donà di Piave, da Benevento a Calvisano, Arezzo, Viterbo, Cagliari, Piacenza, Roma, fino alla Nuova Zelanda. Da un suo lungo dialogo con Antonio Falda è nato "Franco come il rugby" (Absolutely Free Editore, 207 pagine, 14 euro), un libro che racconta l'emozionante rincorsa di questa leggenda del rugby italiano, tra campi pietrosi e pozze di fango di tutta Italia. Di Franco Ascantini, della sua passione e della capacità di trasmetterla, di una missione - insegnare l'arte del rugby, cominciando dai bambini - che non lo ha mai abbandonato, parlano tanti protagonisti degli ultimi sessant'anni ovali: giocatori, dirigenti, tecnici, giornalisti.

Ne avrebbe parlato anche Giuseppe D'Avanzo, che di Ascantini è stato un brillante allievo. E allora Antonio Falda  - e Franco, la leggenda - questo libro lo hanno dedicato a lui, con parole chiare e affettuose come si fa nella grande famiglia dei rugbisti. "A Peppe, uno di quelli che sin da ragazzi vanno matti per l'ovale. Di quelli tosti. Per tutta la vita". Tanti capitoli e tutti da leggere, rileggere, ricordare - bellissimo l'intervento di Luciano Ravagnani sulla tournée italiana nel Pacifico del 1980 -, perché ogni racconto è come la tessera di un grande mosaico. "Mi ritengo un uomo fortunato", dice Ascantini di sé. Ma ad un patto: "Play up and play the man! Gioca e sii uomo!! Perché, come ha scritto Peppe, questo gioco può migliorare l'Italia. Ma dobbiamo provare a crederci, Davvero".

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