Mamma e sergente di ferro Il rugby delle Tonga si affida a una donna

La squadra dell'arcipelago del Pacifico, nei test match dello scorso autunno, ha fatto tremare l'Italia e ha battuto la Scozia a Edimburgo. Ma la federazione è da sempre indebolita da scandali e approssimazione. Ora si cambia: Emiline Tuita è stata nominata Ceo della Tongan Rugby Union. E promette di far rigare dritto i giganti delle isole. E' la prima volta volta che accade nella palla ovale
di MASSIMO CALANDRI

QUEI RAGAZZACCI del rugby sono così grandi e grossi, talentuosi ma pigri, violenti e indisciplinati, che per fargli mettere la testa a posto c'è bisogno di una donna. Una specie di mamma, che gli insegni un po' di educazione. Che li coccoli ma soprattutto li sculacci, perché ce n'è bisogno. Perché i guerrieri delle Isole Tonga, i giocatori e i loro dirigenti, sono un gruppo di imprevedibili giganti. Capaci di tutto e del contrario: in autunno si sono ritrovati in Europa in maniera rocambolesca, una specie di Armata Brancaleone che non aveva neanche una maglia da gioco, e infatti a Brescia - prima di affrontare l'Italia - si sono fatti comprare le casacche da un imprenditore locale. Hanno fatto tremare la squadra azzurra, che ha un bilancio milionario ma solo negli ultimi minuti è riuscita a batterli. Poi si sono fatti offrire il viaggio, l'albergo e il ristorante dai colleghi francesi: allo Stade de France, Parigi, c'è mancato poco che i "galletti" si mettessero a piangere, per le botte prese, così come era accaduto durante i Mondiali neozelandesi. A fine novembre, Edimburgo, hanno preso a schiaffi e mete la gloriosa Scozia, che insieme al biglietto aereo aveva promesso di saldare il conto della lavanderia ed è uscita sconvolta, battuta (15-21), umiliata da confronto con questi rissosi, irascibili, carissimi campioni ovali. Si fanno chiamare Ikale Tahi, le Aquile di Mare.

Maglia rossa, capelli crespi, muscoli e genio, vagabondi per spirito e necessità. Nati per giocare a rugby, fuoriclasse per nascita - Jonah Lomu, il più grande di sempre, l'implaccabile ed implacabile ala degli All Blacks, era di origine tongana - ma figli di una Federazione cialtronesca ed improbabile, da sempre indebolita dagli scandali e dall'approssimazione, le casse regolarmente vuote. Adesso però basta. L'International Rugby Board, l'organismo che governa le cose del rugby nel mondo, ha deciso di mettere i tongani sotto amministrazione controllata. E poi per i ragazzacci ci vuole la mamma. Emiline Tuita, già ambasciatore di Tonga in Cina, è stata nominata Ceo, amministratore delegato della Tongan Rugby Union. Una donna a capo di una mandria di omoni.

E' la prima volta che succede, nell'universo ovale. "L'obiettivo è mettere prima di tutto ordine nelle finanze. Poi nell'organizzazione generale", ha detto Emiline, che negli ultimni mesi si era avvicinata come volontaria alla Federazione, passando il suo tempo a scuotere la testa. Emiline come Emily Valentine, la ragazzina irlandese che due secoli fa fu la prima donna a giocare a rugby. "Sono orgogliosa di questo incarico", commenta. "E' un segnale importante per le donne che vogliono occuparsi di management sportivo. Ma soprattutto per le donne di quest'area del Pacifico". Dicono che quella delle isole sia una società matriarcale. "Appunto", promette lei, una signora elegante che porta gli occhiali, i lunghi capelli raccolti in una coda, un largo sorriso ma anche due mani che sembrano piuttosto robuste. "Adesso impareranno a rigare dritto. Altrimenti...", alza all'improvviso la voce. E Alisona Taumalolo, mastodontico pilone sinistro delle Aquile di Mare, subito abbassa lo sguardo, impaurito.
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