O vinco o non valgo nulla.......
Vincere cosa significa? Battere un avversario, superare i propri limiti, ma anche superare le difficoltà. Nella vita e nello sport.
Un campionato si può perdere anche per un punto all’ultimo minuto, e hai perso. Non per questo sei un perdente.
Anche se la vita non è un campionato, pure nella vita si può perdere e di poco: senza essere dei perdenti.
Dallo sport allora possiamo trarre qualche insegnamento. Può essere la palestra della vita?
Lo sport può insegnarci a vincere come a perdere. Lo sport è gioco e agonismo e dell’agonismo non bisogna avere timore, di per sé non nuoce ai bambini; l’agonismo c’è nella vita, bisogna prepararsi a fare le cose bene, a dare rilievo alle cose decisive e anche ai dettagli.
Ma lo sport deve insegnarci anche a perdere. Non si può vincere sempre e lo sportivo lo sa, sa che vincere sempre è una rara eccezione, che la norma è l’altalena dei risultati.
Dinnanzi alla sconfitta ci si troverà qualche volta no? Allora sapere perdere è importante. Senza alibi. Senza dire “è colpa dell’arbitro, siamo sfortunati, è colpa di un compagno, dell’allenatore, dei dirigenti”. Proviamo a dire: “L’avversario è stato più forte di noi, punto e basta”.
Accettare la sconfitta è il primo passo per costruire la prossima vittoria.
Cerchiamo di vincere il più possibile, lealmente, divertendoci, ma non pensiamo che lo sport, e poi la vita, ci divide in vincenti e perdenti. Al più ci dividerà in brave persone e persone che non meritano. Ma questa è un’altra cosa.
Ora pensiamo a quanto è successo domenica scorsa, nello sport più popolare del mondo, il calcio. Alla fine di una partita la squadra che ha perso si dispone su due file e rende omaggio all’avversario. Una notizia da prima pagina: sanno perdere, ed è un gioco!
Ragazzi, genitori… l'immagine che pubblichiamo sopra testimonia una scena che vediamo tutte le domeniche sui campi del mini rugby, non scordiamoci che questo è uno dei momenti più importanti e che la partita di rugby finisce solo con una stretta di mano sincera e con un terzo tempo.
Altrimenti era “altro”…
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