Federleague, grandi polemiche sulle convocazioni per i mondiali di rugby a 13


Nate insieme, separate dal 2010, le due federazioni di rugby a 13 che operano in Italia – Fedazione italiana rugby league e Federazione italiana rugby football league - sembrano ormai di fronte a una rottura insanabile nata a seguito delle convocazioni della prima (la Firl) per i prossimi Mondiali che si giocheranno a fine ottobre in Inghilterra. Fra i convocati della Nazionale azzurra sono assenti quasi del tutto gli italiani veri.
Scandalizzato il presidente Firfl, David Massitti. «Con molto dispiacere constatiamo ciò che abbiamo sempre sostenuto – dice il numero uno della Firfl -. Il fantomatico movimento che andrà a questi Mondiali rappresenterà i nostri colori con una percentuale bassissima di italiani, che tra l'altro non partecipano nemmeno ad un campionato italiano. Non so come tutto ciò renda credibile questa coppa del mondo. L'Italia, alla sua prima apparizione ad un mondiale di rugby a 13, invece di essere realisticamente una squadra cuscinetto, diventa oggi una favorita, falsando totalmente la competizione stessa: è una vergogna. Abbiamo tentato più volte una riunificazione, con una richiesta democratica: non è mai stata accettata. Fortunatamente il Coni, che sta valutando le nostre carte per valori, non potrà mai accettare una cosa del genere e ringraziamo l'istituzione per il suo sostegno».
Guido Porcellini, responsabile medico della Federleague, picchia duro: «Ho la fortuna di collaborare da anni nel mondo dello sport, di essere parte dello sport d'eccellenza (Mens Sana Basket Siena), di essere vicino ad atleti di livello mondiale (Federica Pellegrini e Filippo Magnini), ma una cosa del genere mi ha lasciato sconcertato. Non capisco come queste persone abbiano il coraggio di presentarsi: è uno schifo».
Scende nei dettagli il segretario generale Pierluigi Gentile. «Purtroppo era una cosa che ci aspettavamo, proprio per questo anni fa ci siamo staccati: non avremmo mai potuto guardare negli occhi gli atleti delle nostre squadre che competono con impegno, illudendoli di poter partecipare a un mondiale, per poi pugnalarli alle spalle appena prima del raggiungimento di un sogno, com'è stato fatto, convocando una rosa di giocatori, forti ma che niente avevano dato al movimento – dice -. Penso che gli italo-australiani debbano essere una parte importante e d'aiuto per il movimento ai suoi primi passi, come d'altronde è successo nel rugby a 15. Ma vorrei far notare come proprio nel “15” questi atleti venivano fatti giocare nel campionato nostrano per aumentare il livello del movimento, e solo dopo venivano convocati. Mai, però, superando la metà degli elementi. Considero un ragazzo italo-australiano un ragazzo italiano, ma la Nazionale deve essere l'espressione di un movimento, non un insieme di grandi giocatori per far finta di essere un buon movimento». La delusione espressa è più per i vertici della Firl che per i giocatori. «Sinceramente rimango esterrefatto, non dalla compagine italo australiana che giustamente ha fatto i propri interessi, ma da quegli italiani che hanno più volte evitato una riunificazione democratica, come dimostrano i documenti, sotto le leggi del Coni. Loro sì, hanno una responsabilità enorme verso il movimento e si dovrebbero vergognare di ciò che hanno fatto – tuona Gentile -. Comunque per noi è una piccola vittoria, è la dimostrazione ai nostri atleti e alle nostre squadre che le false proposte fatte dall'altra pseudo associazione erano tali, a differenza delle nostre parole sempre misurate e mai illusorie. Oggi contiamo circa 2000 atleti, più di 50 club affiliati, che credono nello sport come strumento sociale: molteplici sono i nostri progetti, nazionali e internazionali, fiore all'occhiello quello nato recentemente nel carcere di Frosinone. Facciamo attività sportiva con dei valori, propagandiamo la nostra disciplina, ma nei modi e nei tempi giusti. Il nostro è uno sport per molti, ma non per tutti. E ci insegna che per raggiungere un obiettivo bisogna faticare: andare ad un mondiale con una scorciatoia siffatta sarebbe stata la negazione dei nostri valori».

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