I bambini e lo sport agonistico, sviluppo fisico e integrazione sociale devono camminare di pari passo
di Elisabetta Rotriquenz
I bambini iniziano a
praticare lo sport per il suo aspetto ludico. Successivamente un bambino
si può trovare nella condizione di affrontare gare e allora lo sport
perde la sua valenza di svago e divertimento per assumere un ruolo
prettamente agonistico. In questi casi molta pressione deriva anche
dalle aspettative dei genitori del giovane atleta, che finiscono per
dare troppa importanza al risultato. Il genitore vede concretizzarsi nel
figlio il proprio desiderio di successo e di realizzazione personale,
anche solo per aver messo al mondo un bambino particolarmente dotato e
di talento. D’altra parte l’approccio dei genitori allo sport può essere
molto diverso: ci sono alcuni che spingono il figlio perché lo sport fa bene
ed è un passatempo sano ed educativo; altri hanno praticato uno sport
da giovani con buoni risultati e lo propongono anche al bambino; altri
non se ne occupano e lasciano fare all’allenatore; altri ancora non si interessano alla pratica sportiva dei figli (Chevallon, 2007).
Gli
errori che un genitore di un giovane atleta non dovrebbe commettere
sono: desiderare il successo del figlio ad ogni costo. Un bambino troppo
sotto pressione che viene anche rimproverato quando ottiene risultati negativi, rischia di perdere la fiducia in se stesso.
Ciò si verifica per la paura del fallimento, aspetto che rimarrà
inculcato nella sua mente fino a sviluppare un senso di inferiorità
dovuto all’incapacità di affrontare le sconfitte e le situazioni di
stress; criticare il programma e le scelte dell’allenatore; non seguire i
tempi di riposo del bambino, fondamentali per la sua ripresa. Lo sport
agonistico, in particolare ad alti livelli, richiede grandi sacrifici
che per un giovane si concretizzano nel rinunciare ai tanti svaghi che
allietano le giornate dei ragazzi della sua età: andare al cinema,
partire per un weekend di vacanza, giocare dopo la scuola, ecc. È
fondamentale che, finché è possibile, per un bambino lo sport mantenga il suo aspetto di divertimento e di gioco.
In questo è determinante il ruolo dei genitori che devono interessarsi
all’attività del figlio ed essergli accanto nel saperlo ascoltare e
aiutare.
I genitori devono insegnare al bambino il rispetto per gli altri, per l’allenatore e per gli avversari.
L'adulto deve trasmettere anche corrette norme di vita: dormire un
determinato numero di ore e mangiare in modo sano ed equilibrato. Ci
devono essere ore dedicate allo svago, ma bisogna anche guidare il
proprio figlio e fargli capire che la sera dopo cena non è il momento
giusto per fare ciò che fanno altri bambini, come lo stare davanti alla
televisione, giocare ai videogiochi o fare i compiti non finiti. È
importante che il giovane dorma un numero sufficiente di ore che gli
permetta di recuperare la stanchezza fisica dovuta agli allentamenti.
Prima della competizione ciascun bambino può gestire lo stress in modo
diverso: alcuni si tengono occupati per non pensare al tempo che passa,
altri hanno voglia di sfogarsi per liberare la propria energia, altri
ancora hanno bisogno di essere lasciati tranquilli per potersi isolare e
rilassare. L’educazione ha una grande influenza sulla personalità del bambino e sul suo modo di reagire alle vittorie e alle sconfitte in ambito sportivo. Un bambino troppo viziato sarà abituato ad ottenere tutto senza sforzo, con un atteggiamento passivo e poco combattivo nella voglia di superare se stesso anche nello sport.
La
vittoria, come la sconfitta, sono difficili da gestire. Come le vive un
bambino? Egli potrebbe continuare con umiltà il suo percorso oppure
adagiarsi sugli allori o ancora arrendersi perché il successo e
l’attenzione di tutti lo spaventano. La sconfitta invece scatena bisogni
diversi: c’è il bambino che va lasciato piangere sotto la doccia e
quello che va abbracciato e confortato. È importante il momento in cui
il giovane riesce a parlare e a valutare lucidamente la sua gara.
L’allenatore deve ascoltarlo per capire la differenza tra ciò che il
bambino ha fatto e ciò che ha creduto di fare, mettendo sempre in
evidenza (soprattutto per i bambini più piccoli), l’aspetto ludico dello
sport e della gare senza che sia percepito solo come un insieme di
obblighi. Quando un bambino perde una competizione, è importante che i genitori non lo critichino, ma gli insegnino a rimanere calmo e obiettivo. Il figlio va consolato, gli va fatto capire che non ha deluso nessuno e ne vanno evidenziati i progressi
(Chevallon, 2007). Una prestazione sportiva è anche una prestazione
psicologica. Per avere successo ed ottenere risultati, oltre al talento,
è necessario essere sereni e avere fiducia in se stessi e nelle proprie capacità.
che ha creduto di fare, mettendo sempre in
evidenza (soprattutto per i bambini più piccoli), l’aspetto ludico dello
sport e della gare senza che sia percepito solo come un insieme di
obblighi. Quando un bambino perde una competizione, è importante che i genitori non lo critichino, ma gli insegnino a rimanere calmo e obiettivo. Il figlio va consolato, gli va fatto capire che non ha deluso nessuno e ne vanno evidenziati i progressi
(Chevallon, 2007). Una prestazione sportiva è anche una prestazione
psicologica. Per avere successo ed ottenere risultati, oltre al talento,
è necessario essere sereni e avere fiducia in se stessi e nelle proprie capacità.
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