«In carcere per onorare un impegno importante». L’ennesima lezione che viene dal rugby Sabato mattina a Sabbione erano in undici, quasi tutti i titolari della squadra del Terni Rugby che domenica giocherà per la finale del campionato

«In carcere per onorare un impegno importante». L’ennesima lezione che viene dal rugby
'Draghi' e detenuti insieme
di Gian Luca Diamanti*
Bisogna essere matti. Oppure rugbysti, o magari tutte e due le cose insieme. Per andare a giocare a rugby in carcere, il giorno prima della finale per la promozione in serie B. Su un campo di cemento, 20 metri per venti, con i muri alti che ti stringono il cuore e le torrette intorno, con i sorveglianti a fare da spettatori. Bisogna essere matti a rischiare di farsi male, magari scivolando su quel cemento maledetto e giocarsi la partita che vale una stagione. Oppure no. Bisogna essere uomini, prima ancora che sportivi.
Sabato mattina al carcere di vocabolo Sabbione erano in undici, quasi tutti i titolari della squadra del Terni Rugby che domenica pomeriggio, alle 15,30 giocherà al comunale di Paganica, per la finale del campionato.
Dopo un’ora e mezzo di rugby che doveva essere al tocco, ma che si è trasformato quasi in partita vera, erano sudati, con le maglie strappate, le sbucciature alle ginocchia, esattamente come i ragazzi con i quali hanno giocato, sorridenti come loro, e con loro si sono abbracciati e salutati.
Sembravano tutti uguali, in quel momento. Ma la prima differenza è che la fine della partita l’ha decretata il sorvegliante dalla torretta e non l’arbitro e la seconda è che i ragazzi del Terni Rugby sono usciti dai cancelli del carcere e gli altri sono tornati in cella, non prima però di aver urlato «Dra-ghi» tutti insieme come si fa sempre alla fine degli allenamenti. «Sì però dovete venire più spesso, una volta alla settimana non basta!», dice uno da lontano salutando nel corridoio.
In effetti per tutta la stagione, e anche lo scorso anno, in carcere sono entrati quasi tutte le settimane, Jacopo Borghetti, Marta Corazzi e Valerio Guidarelli, spesso accompagnati da altri ragazzi e dirigenti della squadra ternana. Perché, come ha detto stamattina il coach Mauro Antonini alla squadra dei detenuti stretta in cerchio con i ragazzi dei Draghi «fa molto figo per una squadra di rugby far passerella dentro ad un carcere e poi andarsene via e chi s’è visto s’è visto». Il Terni Rugby, invece – anche attraverso il progetto Ka Mate Ka Ora e alla straordinaria sensibilità e disponibilità della direzione della casa circondariale di Sabbione – si è preso una grande responsabilità verso i ragazzi del carcere che hanno deciso di avvicinarsi al rugby.
Prova ad accompagnarli nel loro percorso di recupero; prova, con il gioco e con i valori del rugby, a far capire che ci sono regole che val la pena rispettare. Perché poi ci si diverte tutti insieme, specie se c’è qualcuno pronto a darti sostegno nei momenti difficili. Il progetto, per decollare, ha bisogno di qualcosa in più: provare a rimettere in funzione il campo sportivo interno al carcere, perché non si può giocare sul cemento. Questa mattina, mentre i ragazzi giocavano, ne hanno parlato il direttore del carcere, il comandante ed il presidente del Terni Rugby, con altri dirigenti dello staff. Non sarà semplicissimo, ma ci si proverà.
Come c’hanno provato stamattina i ragazzi del carcere, a sentirsi liberi con la palla ovale. Anche quando è volata via, oltre il muro per un calcio troppo lungo. Nell’attesa che qualche sorvegliante l’andasse a recuperare, superando tutti gli sbarramenti, Bimbo Battisti, da buon capitano, ha trovato la soluzione. Sostituire la palla con una bottiglia d’acqua minerale piena. E tutti sono stati d’accordo. Pur di continuare a giocare avrebbero accettato qualsiasi soluzione, come i bambini, che in fondo tutti lo siamo rimasti un po’ bambini, anche loro che sono finiti lì dentro.
Per questo e per tutto quello che ho visto stamattina (per me era la prima volta) non posso che ringraziare ancora Alessandro, Marta, Valerio, Iacopo, Roberto, Mauro e tutti i ragazzi che son venuti a Sabbione. Questo è il Terni Rugby e farne parte anche con un contributo piccolissimo, è grande motivo d’orgoglio, sia che si stia in serie C, o che si giochi in Celtic League.
* Giornalista e delegato provinciale Federazione Italiana Rugby

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