Il rugby abbraccia Vinicio poi la folla in chiesa A Monigo e a San Trovaso l’addio ad Artuso, morto martedì nel campo sportivo Gli amici: «Eri rugbista dentro: sacrificio e aiuto agli altri. Ora hai passato la palla»

 
«Campo perfetto, Vinicio. Come sempre». Un vecio, sotto la porta ad «h» di Monigo, porge l’estremo omaggio al lavoro di Vinicio, nella bara sotto i pali. La famiglia del rugby trevigiano, e non solo, gli rende omaggio, in un silenzio mesto, irreale.
La gru da cui è caduto mercoledì è blindata dalle transenne, verso la casettta che lui gestiva. Sulla tribuna coperta, ancora i segni dell’incidente. Tutto parla di Vinicio Artuso, nel suo Monigo dove lavorava da 20 anni. Anzi, «urla» la sua assenza, l’assurdità della morte a soli 59 anni, la caduta dal carrello della gru, dov’era salito per un controllo sul cornicione della tribuna.
Per due ore sfilano mesti i colleghi dello staff, dirigenti e allenatori, amici, Pantere, istituzioni. Tre generazioni di rugbisti, gli ex. Giocatori e presidenti dei club di Marca. Tifosi, quelli che vedevano la partite con lui in casetta. Dirigenti federali, politici, amministratori. Tutti abbracciano la moglie Giuliana, i figli Thomas e Andrea, le sorelle. «Il tuo campo la tua casa», «Per sempre nei nostri cuori. Ciao Vinicio» gli striscioni corona al feretro. Il presidente del Benetton, Zatta, è commosso: «Faceva tutto e di più, quel giorno ha messo a rischio la sua vita». La squadra, in fila indiana dietro capitan Pavanello, depone sulla bara la maglia firmata da i giocatori. L’estremo saluto, il più privato. Coach Smith è appartato, fuori dai 22.
Da Monigo il corteo muove per San Trovaso. Il parroco, don Daniele, celebra il rito religioso in una chiesa stipatissima. Fuori restano in 150. Ci sono anche i bambini allenati dai figli di Vinicio, gli altri allenatori del vivaio Benetton.
Emerge il Vinicio tuttofare dei 32 anni al Gris: «Quanto voleva bene agli ospiti, li coinvolgeva nei lavori, li invitava a casa, per farli sentire in famiglia. E lui stava per diventare un grandissimo nonno». E i 20 anni nel rugby, non giocato ma vissuto - lo diranno i «leoni»: «Eri rugbista dentro, Vinicio: sacrificio, lavoro, aiuto agli altri» . I parroco illumina una vita generosa, di slanci, di servizio umile, continuo, discreto. Di disponibilità sconfinata, fino al dono degli organi. «Ha lasciato una traccia indelebile ovunque, con opere di amore» conclude don Daniele, che celebra con l’assistente del Gris. Una suora dell’istituto paragona Vinicio al cireneo di Gesù sul Calvario
Il sindaco Sergio Marton ricorda che da buon padre di famiglia Vinicio «mi aveva parlato pochi giorni fa delle case per i figli. Stavolta però al tuo campo non hai dato tanto, hai dato tutto». Il capitano del Benetton, Antonio Pavanello, lo ricorda al lavoro, «sul trattore, baretta in testa, immancabile sigaretta, che ci saluti mentre siamo in palestra. Non sapevi dire di no a nessuno, Vinicio, e sappiamo che sarai ancora sempre con noi, a Monigo».
I figli vanno all’altare “in maul”: «Eri un papà perfetto, sempre presente eppure discreto. adesso hai passato la palla». Andrea non riesce a proseguire, in chiesa lacrime, singhiozzi e applausi. «Ora ti divertirai con Piero e Ivan», annunciano i figli, e il pensiero va agli altri leoni scomparsi tropo presto. Vinicio esce sorretto dai « leoni» e dai coach Smith e Goosen, in un corridoio triste di giovani atleti, veci, amici del rugby. Hai segnato una meta che non è più biancoverde, ma che è azzurra come il cielo», ha appena detto Marton, «Con quelli che sono andati avanti, perché i rugbisti sono come gli alpini».

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