Il rugby diventa "sociale", i ragazzi migranti si sfidano sul campo

L'integrazione attraverso lo sport. E' questo l'obiettivo dell'iniziativa organizzata dall'assessorato ai servizi sociali del Comune di Roma, che ha accolto 96 ragazzi tra i 16 e i 18 anni, sbarcati a Lampedusa e provenienti dall'Africa Subsahariana, dal Mali, dalla Costa d'Avorio. Hanno imparato a conoscere il gioco del rugby nell'impianto del Tre Fontane insieme ai giocatori della Nuova Rugby Roma. LA GALLERY

Mercoledì, 20 giugno 2012

di Raffaele Gambari

“E’ stata una bella esperienza per i nostri ragazzi e speriamo di ripeterla, perché è stata un esempio di vera integrazione, che passa anche attraverso il gioco e lo sport”. Così Alessandro Uberti, operatore dell’Ufficio comunale Unità organizzativa protezione minori dell’assessorato promozione servizi sociali e della salute di Roma Capitale, racconta ad Affaritaliani.it la giornata di conoscenza del rugby per 96 ragazzi migranti, dai 16 ai 18 anni, di sette case famiglia e comunità residenziali comunali, che si è svolta nell’impianto del Tre Fontane, il tempio del rugby romano.
Questi ragazzi, che la prima volta si sono avvicinati al rugby e hanno imparato a toccare, a passarsi e lanciare una palla ovale e a mettere in pratica sul campo gli insegnamenti e le tecniche di base illustrati da tecnici ed allenatori della Nuova Rugby Roma, quando hanno lasciato il terreno di gioco per partecipare al terzo tempo, il momento conviviale in questo sport del dopo partita, erano contenti, tanto da chiedere ai loro educatori ed accompagnatori di poter tornare in futuro a giocare a rugby. Erano ragazzi dell’Africa Subsahariana, del Malì, della Costa d’Avorio, del Senegal, del Nordafrica, come tunisini ed egiziani, arrivati in Italia senza genitori, chi con sbarchi nell’Adriatico, dalle coste greche, stipati in Tir, dopo viaggi di sofferenza per trovare un futuro migliore da noi; chi, come gli africani, sbarcati a Lampedusa. E affidati da un giudice al sindaco di Roma. In tutto 2.200 ragazzi ora ospitati nelle case famiglia, nei centri residenziali e in comunità residenziali del Comune di Roma Capitale.
“In queste strutture vengono formati alla conoscenza dei diritti sociali – spiega Uberti - frequentano corsi di prima alfabetizzazione, inseriti nella scuola dell’obbligo e frequentano corsi di formazione professionale al fine di essere inseriti nel mondo del lavoro. Ecco, lo sport può essere un altro momento formativo importante per loro, un momento di integrazione stando a contatto con i loro coetanei italiani, magari con la nascita di amicizie, per incontrarsi pure fuori del campo di gioco. Perciò vorremmo dare continuità a questa giornata con la Nuova Rugby Roma e con altre società, di sport diversi, come il calcio. Ci auguriamo di poterlo fare da settembre”.
Sempre Uberti racconta la giornata: “Questi ragazzi si sono presentati al terzo tempo contenti e soprattutto con dignità. Dopo essersi rotolati nell’erba e nella terra si sono lavati e si sono presentati puliti e ordinati, a mangiare i cibi preparati dalle mamme dei ragazzi della Nuova Rugby Roma. Ed anche per loro è stato un momento di integrazione. Hanno accolto questi ragazzi come fanno con i loro dopo una partita”. Alcune si sono addirittura mischiate ai ragazzi delle case famiglia per giocare insieme una partitella o insegnare le regole del gioco. Al terzo tempo hanno partecipato i bambini dell’Under 10 della Nuova Rugby Roma che si erano allenati sullo stesso campo davanti ai ragazzi della casa famiglia.
“Per noi il rugby è un momento di integrazione e formazione dei ragazzi, sin da quando hanno 6 anni e fino a quando arrivano ai 20, con il rispetto delle regole e degli avversari - spiega il presidente della Nuova Rugby Roma Roberto Barilari - Con questa giornata passata insieme con i ragazzi delle case famiglia speriamo di aprire momenti di integrazione, magari portando alcuni di essi ad allenarsi e a giocare con la nostra società”.

Fonte:affaritaliani.libero.it

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