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Visualizzazione dei post da marzo 15, 2016

Donne, carcere e rugbisti: quando la palla ovale è libertà

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Marco Pastonesi ci presenta l'originale lavoro di una fotografa che ha avvicinato mondi che sembrano lontani Il rugby è libertà, il carcere è la negazione della libertà. Già questo basterebbe per stabilire una differenza, una separazione, una distanza – fra rugby e carcere – irraggiungibile. Eppure. Il rugby è solitudine in un gioco di squadra, nel gioco di squadra per eccellenza, e anche il carcere è solitudine, estrema solitudine, in un gioco di squadra, per quanto forzato e forzoso e perfino forzuto. Il rugby è mettere a nudo, mettersi a nudo, spogliarsi non solo nello spogliatoio, ma in campo, perché quel giorno, quel campo, quella partita diventa la vita, come la vita, per tutta la vita. Togli la maglia, diceva un vecchio rugbista, e rimane l’uomo, o la donna. Anche il carcere è nudo e crudo, nudo e crudele, e se togli la divisa, direbbe il vecchio rugbista, rimane l’uomo, o la donna. Il rugby è arte, a volte anche sopravvivenza, il carcere